“All’albero
del silenzio sta appeso il frutto della pace”, recita un proverbio
arabo, ma – come ho letto in articolo recentemente, quando il
silenzio diventa solitudine, isolamento, non è più pace ma diviene
una voragine colma di tormento. Scrive il poeta Tagore: “ Se tu non
parli riempirò il mio cuore del tuo silenzio e lo sopporterò”.
Sopportare è il verbo che Tagore sceglie per definire il peso
del silenzio, perché il silenzio è un vuoto incolmabile, una punta
di fioretto che ferisce. Si può leggere, scrivere, lavorare,
meditare ma dopo un po’ l’uomo ha necessità di dialogare perché
è un essere sistemico ed è nello scambio con gli altri, nella
parola, che sopravvive ed evolve. Cari Cancro, vi invito a riflettere
seriamente sulle varie forme di silenzio valutando quale state
mettendo in atto: la pace o il tormento?
Esercizio:
chiamate un persona che non sentite da anni.
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