2 gen 2019

Oroscopo 2019 - Toro


«Ogni fiaba è uno specchio magico
che riflette alcuni aspetti
del nostro mondo interiore,
e i passi necessari per la nostra evoluzione
 dall’immaturità alla maturità.»
Bruno Bettelheim

Il brutto anatroccolo di Hans Christian Andersen

“Nel nido di mamma anatra tutte le uova si erano aperte, tranne una. Così, mentre i suoi graziosi anatroccoli gialli già pigolavano tra l'erba, mamma anatra si impegnò a covare ancora l'uovo chiuso, finché non si aprì. Ne uscì un anatroccolo grigio e sgraziato. Benché tutti deridessero l'ultimo nato, mamma anatra aveva fiducia: nuotava bene, era di buon carattere e sarebbe cresciuto. Se non era bello, pazienza, in fondo per un maschio è un fattore secondario... Ma per il piccolo la situazione non era facile: galline e anatre lo urtavano, il tacchino lo impauriva, il fattore lo prendeva a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per maltrattarlo. Il brutto anatroccolo decise di scappare, ma le cose non migliorarono. Una gallina gli chiese se sapeva deporre le uova e un gatto gli chiese se faceva la ruota come i tacchini. Lui non era in grado di fare niente di tutto ciò. Si allontanò ancora una volta, mentre l'inverno cominciava a gelare gli stagni. Furono mesi lunghi e duri, trascorsi al gelo tra la vita e la morte, ma alla fine il sole tornò a riscaldare la terra e sullo stagno illuminato l'anatroccolo si fermò ad ammirare la grazia di tre cigni superbi. Fu rapito da tanta grazia e una strana tristezza lo invase: sapeva di non poterli avvicinare, anche loro lo avrebbero cacciato. In quel momento, posato lo sguardo sull'acqua, si accorse che la sua immagine era identica alla loro. Mentre i tre cigni gli andavano incontro per accoglierlo, i bambini dalla riva lodarono la sua eleganza. Lui, il brutto anatroccolo, era diventato uno splendido cigno.” (Se volete leggere la fiaba per intero: Il brutto anatroccolo)

Il brutto anatroccolo mette in luce alcune delle difficoltà che ciascuno di noi incontra nel difficile e precario percorso di identità. È un cammino pieno di ostacoli, contraddizioni e tentazioni di omologazione al ‘gregge’, di prove da superare per giungere all’ambita mèta: scoprire chi siamo. Molte delle nostre sofferenze nascono dal disperato tentativo di identificarci con cose che non ci corrispondono proprio come il nostro anatroccolo fa con le oche, la gallina e il gatto. A un certo punto, egli si augura addirittura di poter solo vivere tranquillamente come anatra, ma sa che non gli è permesso. Nessuna di queste cose è il suo vero Io.

Cari Toro, quando si resta troppo a lungo in qualcosa che non ci corrisponde, la sofferenza diviene massima, ci rinchiude in noi stessi in un luogo freddo, gelido come l’inverno. E’ qui che si rende indispensabile un abbandono o una fuga. L’erranza è un tema fondamentale da un punto di vista psicologico. È l’errare, (sia nel suo senso di vagabondare che in quello di sbagliare) che conduce infatti, al raggiungimento di una vera identità. Il nostro piccolo eroe va a cercare al di fuori del proprio ambiente una ragione per essere e per vivere, ed è così che lui cambia il suo destino: non restando dove è, trovando il coraggio di esplorare nuove possibilità.

Anche a voi, quest’anno, con l’arrivo di Urano, potrete trovare il coraggio di esplorare nuove possibilità che, verosimilmente, vi condurranno alla scoperta di insolite parti di voi, necessarie ad arricchire e completare la vostra identità. Uno degli aspetti più interessanti di questa fiaba è che ci ricorda che il cammino di accettazione di sé è un fatto esclusivamente personale. Continuare a non riconoscervi, a non darvi valore in attesa che sia il mondo ad attribuirvelo, significa destinarvi alla sofferenza o, se vi va bene, all’insoddisfazione. L’anatroccolo pone fine alla sua ricerca, trovando il suo posto nel mondo, nel momento stesso in cui si vede riflesso nello stagno; solo così capisce di essere un cigno. È dunque lui che scopre la sua vera natura, nessuno gliela rivela. E nel momento in cui lui si vede, allora avviene anche il miracolo esterno (e non viceversa). Infatti, alla sua accettazione corrisponde l’accettazione degli altri cigni che gli si accalcano attorno a fargli festa mentre i bambini si complimentano dalla riva per la sua bellezza.

Egli ha accettato la sfida e l’ha superata. Accettare la sfida è un passaggio importante, che vi consente di non continuare a vivere passivamente le difficoltà e non portarvi dietro il passato come una inutile valigia pesante; consiste anche nel non accettare più l’immagine negativa (negativa in quanto non autentica) che gli altri vi hanno rimandato ma andare a trovare la vostra immagine, lavorando sulle caratteristiche e su quei tratti personali che caratterizzano l’identità unica e speciale che vi appartiene.

La trasformazione infatti, in questa favola, sta nel poter finalmente scoprire la propria verità, la verità su se stessi senza più accontentarsi del riflesso degli altri che è, spesso, una fotocopia sbiadita di chi siamo veramente. Così, se avrete il coraggio di guardare voi stessi, potrete scoprire qualcosa di veramente importante: che siete cigni aggraziati e luminosi. Ma per conoscere quello che siete è necessario non aver paura di ammettere tutto quello che non siete, anche se questo significasse distinguervi e affrancarvi da ciò che avete sempre ritenuto importante ma che, probabilmente, vi tiene incatenati. Quest’anno comincia il viaggio per spezzare le catene.

L’analisi di questa fiaba si ispira a un articolo di Lidia Fassio.

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