Quest’anno ho abbinato ad ogni segno un arcano
maggiore del Tarot. Per voi ho scelto La Force.
E se La Forza parlasse…
"Vi aspettavo. Sono l'inizio del nuovo ciclo e dopo tutto quello che avete fatto non potreste vivere se non mi aveste conosciuto. Vi insegnerò a vincere la paura: con me sarete pronti a vedere tutto, a udire tutto, a provare tutto, a toccare tutto. I sensi non hanno limiti ma la morale è fatta di paure.
Vi farò vedere l'immensa palude delle vostre pulsioni, quelle sublimi e le più tenebrose. Sono la forza oscura che dentro di voi risale verso la luce. Dal centro delle profondità, dai sotterranei del mio essere sboccia la mia energia creatrice. Affondo le radici nel fango, quello più denso, più terribile, più insensato... Posso far sì che ogni umile pietra, diventi un'opera d'arte.
Posso far sì che su alberi rachitici crescano succosi frutti. Posso
trasformare la linea dell'orizzonte in uno squarcio color porpora, vivo, come
un lungo infinito rubino. Ogni impronta che i miei piedi lasciano sul fango
diventa un favo che sparge miele.
Lascio circolare nel mio corpo, dal basso verso
l'alto come le onde di un oceano in tempesta, l'impulso sublime e feroce di cui
il mondo ha bisogno (…)
Nel mio grembo si uniscono un diavolo e un angelo
formando un vortice. Come un albero distendo i rami verso il cielo ma nello
stesso tempo affondo con forza le radici nella terra. Niente mi spaventa. Sono l'inizio della creazione."
(La via dei
Tarocchi, A. Jodorowsky)
Questo è l’anno della guarigione,
della possibilità di guarigione. Ma il primo passo verso la guarigione è sempre
il riconoscimento del male e della sua origine. Il secondo, e indispensabile,
passo, è la volontà di guarire. Il desiderio di guarire, diceva Seneca, è
sempre stato metà della salute. La guarigione non è un evento passivo. Guarire
significa agire. E agire significa, innanzitutto, ammettere di essere malati.
Riconoscere la propria ferita. L’ironia della guarigione è che a volte, prima
di stare meglio si deve stare peggio. Si deve abbattere per ricostruire.
Questo per voi è l’anno in cui
avete la grande opportunità di ricontattare la vostra ferita, di vederla,
osservarla da vicino, riaprirla, se necessario, per medicarla, pulirla e infine
suturarla. Tutti abbiamo ferite che ci portiamo dietro da tempo. Ferite antiche
che duolgono al di là della volontà e spesso oltre la soglia della coscienza.
Non sentirle ci fa credere al riparo, ci dà l’illusione dell’immunità – eppure
esse agiscono, silenziosamente, infettando tutto il resto. Agiscono come quel fastidio al piede cui ci siamo
abituati, quasi a non farci più caso, ma che ci altera la postura facendoci
camminare storti, con conseguenze nefaste per la nostra schiena.
E allora come si fa a guarire?
Per prima cosa serve il coraggio; il coraggio di guardare in faccia la propria
vulnerabilità, la ferita pestilente; rompere l’osso saldato male. A voi il
coraggio non manca, ma è il coraggio dei forti, dei vincitori, il coraggio dei
combattenti. Esiste un altro tipo di coraggio, quello dei più deboli, dei
perdenti. Il coraggio della sconfitta, dell’accettazione dell’impotenza, di chi
ammette le proprie fragilità. È un coraggio diverso, che spesso viene confuso
con la passività o traslato nella lamentela; ma non è di questo che parlo.
Parlo della forza non comune di riconoscere i propri limiti e chiedere aiuto.
L’umiltà di riconoscere i propri errori e chiedere scusa.
La vita ci ferisce, tutti quanti,
scrive Veronica Roth, e non c’è modo di sottrarsi ai suoi colpi. Ma possiamo
guarire, se ci curiamo a vicenda. Ci insegnano a essere forti, vincenti,
inarrestabili; sempre all’altezza della situazione. Ma la situazione, a volte,
è più grande di noi anche quando non lo è. Diventa più grande, sembra più
grande, per via delle nostre ferite, che ci hanno reso, volenti o nolenti,
inabili o disabili. Solamente la cura, l’accettazione dell’handicap e il tempo
possono portarci a superare l’ostacolo.
Se mi rompo tutti e due i piedi, una cosa facile
come camminare sembrerà impossibile. E a nulla varrà impuntarmi per tornare a
camminare troppo in fretta (se non – probabilmente – a peggiorare le cose). Se
capisco che due piedi rotti sono un ostacolo legittimo e chiedo aiuto per
muovere i primi passi, allora sto agendo nella direzione della guarigione.
Ma ci vuole coraggio, anche a
chiedere aiuto. Ci vuole assenza d’orgoglio, fiducia, umiltà. Ci vuole amore,
per noi stessi innanzitutto, quando ci deludiamo, quando capiamo di non essere
all’altezza. E poi per gli altri. Scrive Jeannette Winterson: Guariamo quando
siamo amati e quando amiamo gli altri. Non guariamo fondando una società
segreta di cui siamo i soli membri, rimuginando incessantemente sull’“altro”
che potremmo ammettervi, per poi restarne inevitabilmente delusi. Guariamo
quando accettando la nostra vulnerabilità possiamo accogliere quella degli
altri.
Allora, cari Arieti, quest’anno vi auguro di poter riaprire le vostre
ferite malamente cicatrizzate e curarle fino in fondo con cor-aggio, ossia
agendo col cuore. E poiché, come scrive
Márquez, non c’è medicina che guarisca quello che non guarisce la felicità, nel
frattempo, suonate musica, riempite la casa di fiori, fate cantare gli uccelli,
andate a vedere i tramonti sul mare.
E non appena la guarigione è avvenuta,
uscite e guarite qualcun altro.
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Aspettavo con tanta curiosità il tuo oroscopo. Fai un lavoro bellissimo con una cura e una grazia che riempiono il cuore. Grazie
RispondiEliminaGrazie mille... come ti chiami?
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